Virgilio Caivano, Portavoce del Coordinamento Nazionale Piccoli
Comuni Italiani, ha scritto al Ministro del Lavoro, Cesare
Damiano, per mettere in evidenza la tragica situazione che vede
protagonisti i 318 giovani operai precari della Fiat Sata.
**********
Al Ministro del Lavoro
Cesare DAMIANO
ROMA
Gentilissimo Sig. Ministro del Lavoro,
nel mese di Dicembre dello scorso anno per 318 giovani operai precari
della Fiat Sata e indotto di San Nicola di Melfi (Pz), quasi tutti
residenti nei nostri piccoli Comuni, il sogno di un posto di lavoro,
sia pure precario con contratti a settimane, giorni, perfino ore, si
è praticamente trasformato nel peggiore degli incubi: la
disoccupazione. Tutto questo nonostante le fasulle promesse e corsi
di formazione pagati con danaro pubblico per fare cosa nessuno lo sa,
visto che non sono rientrati nel circuito produttivo. Ancora una
volta a pagare sono i più deboli, i giovani, quelli che tutti
indicano come il futuro del Paese e per i quali alla fine nessuno in
concreto mette in campo misure vere. Quando vogliamo cambiare davvero
le regole promesse in campagna elettorale?
Per le generazioni attuali non c'è nessuna certezza, nessun punto
fermo, solo parole e propaganda elettorale. Per i giovani che vivono
nei piccoli comuni ed in special modo le donne i problemi si
complicano ancora di più e diventa sempre più difficile accettare una
chiara condizione di autentico disagio sociale. Le condizioni di vita
precarie in tutte le sue articolazioni esplodono plasticamente nelle
piccole comunità locali della aree interne dell'Appennino italiano ed
in maniera più dura nelle realtà meridionali.
Il Governo italiano e la sua maggioranza parlamentare hanno a più
riprese sbandierato misure straordinarie per il Mezzogiorno ed in
particolare per il lavoro ai giovani. Solo parole, con una ripresa
devastante dei flussi migratori che portano via come negli anni
cinquanta migliaia di giovani, oggi anche con una laurea in tasca,
dalle nostre comunità.
Occorrono politiche serie e coerenti per debellare il cancro
autentico del precariato, non possiamo continuare a premiare quelle
aziende che nel nome delle regole e delle leggi vigenti mortificano
ed umiliano la migliore gioventù del nostro Sud che tanto ha dato in
questi dieci anni nel nome della produttività sfrenata e senza regole.
La verità straziante è che il furore ideologico del cambiamento per
aprire una nuova stagione dei diritti è ormai derubricata,
cancellata, messa in sordina dalla cattiva politica parolaia e
menzognera. Una stagione nuova dove il diritto a farsi una famiglia,
una casa, un futuro torna ad essere centrale nell'agenda della
politica italiana ed invece siamo costretti ad assistere ad un
balletto di menzogne che non portano da nessuna parte. Per queste
ragioni avanziamo la proposta che il cosiddetto "tesoretto", delle
maggiori entrate fiscali venga utilizzato per costruire davvero le
condizioni per un futuro ai nostri giovani e non per una spalmata
elettorale che non porterà da nessuna parte. Il Paese è ultimo
nell'Europa che conta sul piano delle nuove tecnologie, della ricerca
e dei nuovi saperi, segmenti strategici per avere certezza di un
domani.
Progettare il futuro è il primo compito di un Governo degno di tale
nome. Oggi però, la politica ha smesso di essere una questione di
finalità per diventare un problema di gestione di mezzi: è il
risultato di una cultura manageriale, influenzata dai poteri
economici dominanti, secondo la quale il valore umano e sociale di
una persona si definisce in rapporto alla sua redditività.
Noi sogniamo una società dei diritti e dei doveri, anziché una
società fondata sul diritto dei più forti, coltiviamo la speranza
delle giustizia e della solidarietà, del merito.
Caro Ministro tutto questo non è utopia , ma il rifiuto di accettare
passivamente il presente e lottare per un futuro carico di dignità e
centralità per la persona umana. Un punto fermo nel programma di
Prodi che non troviamo da nessuna parte nelle azioni concrete di
questo Governo.
Rocchetta Sant'Antonio, 26 marzo 2007
Il Portavoce
Virgilio Caivano
sabato 7 aprile 2007
domenica 4 marzo 2007
Sulla situazione dei migranti
La Rete dei Lavoratori Lucani vuole denunciare apertamente le condizioni di sfruttamento e di repressione nei confronti dei tanti migranti presenti sul territorio regionale.
Noto e significativo l’esempio dei braccianti agricoli spesso nord-Africani, che lavorano nel metapontino (area lucana dov’è molto sviluppata l’agricoltura), dove i tanti migranti insieme ai lavoratori e ai cittadini lucani più poveri sono costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno, per poco più di trenta euro. Sono costretti ad accettare il ricatto dei tanti caporali che li usano come schiavi, senza nessuna tutela da parte delle istituzioni, spesso sono clandestini, spesso non hanno nessuno al loro fianco, spesso spariscono senza lasciare traccia e non perché ritornano nei loro paesi ma perché vittime di incidenti sul lavoro vengono fatti sparire in modo da non creare problemi, parlare di nuovi desaparesidos non è eccessivo.
Ma la preoccupazione non è solo per i braccianti agricoli del metapontino, assistiamo ogni giorno all’arrivo di nuovi e nuove badanti, quasi tutti provenienti dai paesi dell’Est, lavoratori questi che spesso vivono dove lavorano, dormono magari in baracche o peggio in fienili insieme alle bestie delle famiglie che li ospitano, lavorano ad orario continuato, assistono anziani, malati, aiutano nei lavori di casa, o magari spaccano legna, tutto questo per pochi euro al mese, da mandare ai loro cari nel paese di origine. Anche per i badanti, vale la situazione dei braccianti, anche questi spesso vivono in condizione di clandestinità, non possono uscire dalle case dove lavorano per non incorrere in qualche fermo dei carabinieri, non hanno indennizzi di malattie e figuriamoci le ferie. Un altro grave e preoccupante fenomeno è la tratta delle donne, sia da far sposare sia da far prostituire, molte donne infatti per sfuggire alla fame e alla miseria nei loro paesi accettano di sposare uomini italiani per avere il tanto agognato permesso di soggiorno e una speranza, senza amore ma con un po’ di pane in più; altre invece più sfortunate devono vendere il proprio corpo per mangiare. Tutto ciò fa comodo agli schiavisti e ai padroni siano essi italiani o stranieri, ma non fa comodo ai lavoratori e alle lavoratrici di nessuna nazionalità.
La mancanza di dignità e di diritti, lo sfruttamento, la repressione non preoccupano i nostri amministratori, intenti a cercare sempre nuove alleanze commerciali con i paesi da cui provengono i migranti, utilizzando questi come merce di scambio per realizzare buoni affari.
Noi siamo convinti che i migranti debbano prendere coscienza della loro condizione di lavoratori sfruttati per far crescere il conflitto e lottare per avere i pieni diritti di un qualunque cittadino italiano, ma non solo, devono unirsi ai lavoratori lucani e italiani, prendere coscienza di classe organizzarsi e lottare per costruire una società diversa equa e senza distinzioni di classe, genere e nazionalità.
Noto e significativo l’esempio dei braccianti agricoli spesso nord-Africani, che lavorano nel metapontino (area lucana dov’è molto sviluppata l’agricoltura), dove i tanti migranti insieme ai lavoratori e ai cittadini lucani più poveri sono costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno, per poco più di trenta euro. Sono costretti ad accettare il ricatto dei tanti caporali che li usano come schiavi, senza nessuna tutela da parte delle istituzioni, spesso sono clandestini, spesso non hanno nessuno al loro fianco, spesso spariscono senza lasciare traccia e non perché ritornano nei loro paesi ma perché vittime di incidenti sul lavoro vengono fatti sparire in modo da non creare problemi, parlare di nuovi desaparesidos non è eccessivo.
Ma la preoccupazione non è solo per i braccianti agricoli del metapontino, assistiamo ogni giorno all’arrivo di nuovi e nuove badanti, quasi tutti provenienti dai paesi dell’Est, lavoratori questi che spesso vivono dove lavorano, dormono magari in baracche o peggio in fienili insieme alle bestie delle famiglie che li ospitano, lavorano ad orario continuato, assistono anziani, malati, aiutano nei lavori di casa, o magari spaccano legna, tutto questo per pochi euro al mese, da mandare ai loro cari nel paese di origine. Anche per i badanti, vale la situazione dei braccianti, anche questi spesso vivono in condizione di clandestinità, non possono uscire dalle case dove lavorano per non incorrere in qualche fermo dei carabinieri, non hanno indennizzi di malattie e figuriamoci le ferie. Un altro grave e preoccupante fenomeno è la tratta delle donne, sia da far sposare sia da far prostituire, molte donne infatti per sfuggire alla fame e alla miseria nei loro paesi accettano di sposare uomini italiani per avere il tanto agognato permesso di soggiorno e una speranza, senza amore ma con un po’ di pane in più; altre invece più sfortunate devono vendere il proprio corpo per mangiare. Tutto ciò fa comodo agli schiavisti e ai padroni siano essi italiani o stranieri, ma non fa comodo ai lavoratori e alle lavoratrici di nessuna nazionalità.
La mancanza di dignità e di diritti, lo sfruttamento, la repressione non preoccupano i nostri amministratori, intenti a cercare sempre nuove alleanze commerciali con i paesi da cui provengono i migranti, utilizzando questi come merce di scambio per realizzare buoni affari.
Noi siamo convinti che i migranti debbano prendere coscienza della loro condizione di lavoratori sfruttati per far crescere il conflitto e lottare per avere i pieni diritti di un qualunque cittadino italiano, ma non solo, devono unirsi ai lavoratori lucani e italiani, prendere coscienza di classe organizzarsi e lottare per costruire una società diversa equa e senza distinzioni di classe, genere e nazionalità.
venerdì 9 febbraio 2007
La finta solidarietà di De Filippo
Le iniziative "Cittadinanza solidale" (avviata due anni fa) e il famoso "patto con i giovani" (da poco in atto) promosse dalla regione Basilicata si sono rivelate inutili per i cittadini più deboli, le famiglie più povere e i giovani, mentre si sono rivelate un'ottima fonte di guadagno senza sforzo per gli imprenditori lucani e non.
Il progetto "Cittadinanza solidale" intendeva favorire l'inserimento nel mondo del lavoro dei tanti disoccupati Lucani, il cui nucleo familiare avesse un reddito al di sotto della soglia di povertà, e purtroppo in Basilicata sono in molti a versare in queste condizioni. Ma il bando prevedeva assunzioni a progetto, corsi di formazione malpagati,che hanno favorito ulteriormente la precarizzazione del lavoro senza tutela per il lavoratore né durante e né alla fine del progetto. Inoltre ad accedere al bando e ricavarne quel poco di salario, utile si e no al sostentamento proprio, sono stati veramente pochi, vuoi per la scarsa informazione vuoi per il malaffare diffuso che garantisce diritti a chi non ne ha bisogno (es. raccomandati e/o persone con un reddito superiore a quello dichiarato) e li toglie a chi invece ne ha la reale necessità.
La seconda iniziativa "il Patto con i Giovani" doveva valorizzare i "cervelli" lucani e dare sostegno ai tanti giovani che sono costretti ad emigrare per lavoro. Ma anche qui tutte le attività previste per l’inserimento dei giovani si sono rivelate vere e proprie truffe a danno dei lavoratori e dei giovani,grazie ai soliti stages inutili e ai soliti contratti che scadono quando finiscono i fondi.
Il problema dunque non sono le intenzioni ma i metodi democristiano-mafiosi con cui vengono attuate queste iniziative: non sono mancati i favoritismi e le clientele, non sono mancati i finanziamenti ai soliti imprendo-speculatori che quando ci sono soldi pubblici da spendere spuntano come funghi e che spariscono appena i fondi finiscono. Altri soldi (oltre 3 milioni di Euro) regalati alla FIAT per la costruzione di un Campus di ricerche affianco alla SATA di Melfi dove i ricercatori neo-assunti potranno scoprire come far guadagnare più di prima all’impresa Torinese e potranno farsi le ossa facendosi sfruttare.
Le aziende o imprese che hanno aderito ai due progetti hanno tratto beneficio non solo dai fondi stanziati dalla Regione ma anche dagli sgravi fiscali previsti dalle leggi del governo Berlusconi prima, e Prodi dopo, per tutte le aziende che offrono nuovo lavoro.
Perché la giunta regionale guidata dal presidente De Filippo non ha investito sull’Università, punto debole della nostra Regione, magari con la creazione di nuove facoltà e di un centro di ricerche pubblico legato all’Ateneo? Perché non ha fatto qualcosa per impedire alle imprese già presenti sul territorio Lucano di fuggire per andare ad investire in paesi dove la manodopera costa meno? Perché non ha migliorato le infrastrutture in modo da far crescere il turismo e il commercio? Perché sempre a proposito di turismo non investe nella tutela del territorio? Perché non ha inserito il salario minimo garantito? Perché non ha investito nella sanità pubblica migliorando gli ospedali esistenti inserendo nuovi reparti invece di toglierne per offrire migliori servizi e dare più lavoro?
Domande a cui il governatore della Basilicata non darà mai risposta, troppo impegnato a inventare nuove forme di sfruttamento e finte iniziative solidali o a contare quanto gli frutta il contratto con la Total.
La Basilicata deve cambiare strada, basta con i politicanti corrotti, con i democristiani riciclati a sinistra, basta con i finti ambientalisti che tutelano solo le poltrone, basta con i soliti imprenditori bisognosi di manodopera a basso costo pronti a scappare appena le cose non vanno bene. La nostra terra ha bisogno di lavoro, sviluppo, valorizzazione dell’ambiente e della cultura, ha bisogno di infrastrutture adeguate, di scuole e università.
Antonio Vitale
Rete dei Lavoratori Lucani
Il progetto "Cittadinanza solidale" intendeva favorire l'inserimento nel mondo del lavoro dei tanti disoccupati Lucani, il cui nucleo familiare avesse un reddito al di sotto della soglia di povertà, e purtroppo in Basilicata sono in molti a versare in queste condizioni. Ma il bando prevedeva assunzioni a progetto, corsi di formazione malpagati,che hanno favorito ulteriormente la precarizzazione del lavoro senza tutela per il lavoratore né durante e né alla fine del progetto. Inoltre ad accedere al bando e ricavarne quel poco di salario, utile si e no al sostentamento proprio, sono stati veramente pochi, vuoi per la scarsa informazione vuoi per il malaffare diffuso che garantisce diritti a chi non ne ha bisogno (es. raccomandati e/o persone con un reddito superiore a quello dichiarato) e li toglie a chi invece ne ha la reale necessità.
La seconda iniziativa "il Patto con i Giovani" doveva valorizzare i "cervelli" lucani e dare sostegno ai tanti giovani che sono costretti ad emigrare per lavoro. Ma anche qui tutte le attività previste per l’inserimento dei giovani si sono rivelate vere e proprie truffe a danno dei lavoratori e dei giovani,grazie ai soliti stages inutili e ai soliti contratti che scadono quando finiscono i fondi.
Il problema dunque non sono le intenzioni ma i metodi democristiano-mafiosi con cui vengono attuate queste iniziative: non sono mancati i favoritismi e le clientele, non sono mancati i finanziamenti ai soliti imprendo-speculatori che quando ci sono soldi pubblici da spendere spuntano come funghi e che spariscono appena i fondi finiscono. Altri soldi (oltre 3 milioni di Euro) regalati alla FIAT per la costruzione di un Campus di ricerche affianco alla SATA di Melfi dove i ricercatori neo-assunti potranno scoprire come far guadagnare più di prima all’impresa Torinese e potranno farsi le ossa facendosi sfruttare.
Le aziende o imprese che hanno aderito ai due progetti hanno tratto beneficio non solo dai fondi stanziati dalla Regione ma anche dagli sgravi fiscali previsti dalle leggi del governo Berlusconi prima, e Prodi dopo, per tutte le aziende che offrono nuovo lavoro.
Perché la giunta regionale guidata dal presidente De Filippo non ha investito sull’Università, punto debole della nostra Regione, magari con la creazione di nuove facoltà e di un centro di ricerche pubblico legato all’Ateneo? Perché non ha fatto qualcosa per impedire alle imprese già presenti sul territorio Lucano di fuggire per andare ad investire in paesi dove la manodopera costa meno? Perché non ha migliorato le infrastrutture in modo da far crescere il turismo e il commercio? Perché sempre a proposito di turismo non investe nella tutela del territorio? Perché non ha inserito il salario minimo garantito? Perché non ha investito nella sanità pubblica migliorando gli ospedali esistenti inserendo nuovi reparti invece di toglierne per offrire migliori servizi e dare più lavoro?
Domande a cui il governatore della Basilicata non darà mai risposta, troppo impegnato a inventare nuove forme di sfruttamento e finte iniziative solidali o a contare quanto gli frutta il contratto con la Total.
La Basilicata deve cambiare strada, basta con i politicanti corrotti, con i democristiani riciclati a sinistra, basta con i finti ambientalisti che tutelano solo le poltrone, basta con i soliti imprenditori bisognosi di manodopera a basso costo pronti a scappare appena le cose non vanno bene. La nostra terra ha bisogno di lavoro, sviluppo, valorizzazione dell’ambiente e della cultura, ha bisogno di infrastrutture adeguate, di scuole e università.
Antonio Vitale
Rete dei Lavoratori Lucani
giovedì 18 gennaio 2007
Ex Ceit, la Sielte beffa tutti
I 29 dipendenti in mobilità rimangono a casa perché i lavori vengono
subappaltati
Oltre al danno, la beffa per i 29 lavoratori della Ceit. Dopo il
ricorso alla procedura di mobilità da parte dell'azienda appaltatrice
dei servizi Telecom in Basilicata, e il rifiuto della Sielte, società
subentrata alla Ceit a partire da gennaio di quest'anno, le 29 unità
sono state messe di fronte all'ennesimo colpo basso: la nuova azienda
si sarebbe servita, nell'erogazione dei servizi a livello regionale,
di manodopera subappaltata, proprio mentre rifiutava l'invito da
parte del ministero del Lavoro a reintegrare i dipendenti usciti
dalla Ceit.
Il tutto è emerso nel corso dell'incontro che si è tenuto ieri
mattina in Regione.
Un tavolo tecnico convocato dalle istituzioni regionali per segnare
un passo avanti nella vertenza, e verificare le possibilità di
impiego delle ventinove unità fuoriuscite dalla Ceit. E, invece, la
riunione è terminata con una brusca interruzione.
L'assessore alle Attività produttive, Donato Salvatore, non ha
ritenuto opportuno continuare l'incontro, dopo essere venuto a
conoscenza del ricorso della Sielte sul territorio regionale ad altre
società subappaltanti. Dura la reazione dell'assessore che ha inviato
una lettera alla Telecom e alla dirigenza della Sielte, al ministero
del Lavoro e ai prefetti di Potenza e Matera, per denunciare
l'atteggiamento ambiguo tenuto dall'azienda. Grave anche la presa di
posizione delle sigle sindacali di categoria (Fiom Cgil, Fim Cisl e
Uilm Uil) che hanno annunciato iniziative di lotta a partire dalla
mattinata di oggi: i lavoratori della Ceit saranno riuniti in
presidio davanti ai cancelli della sede potentina della Telecom di
via Nazario Sauro. Chiedono all'azienda appaltatrice di assicurare il
passaggio dei dipendenti, affinché questi possano conservare il loro
posto di lavoro. Ma le tre sigle sindacali hanno anche annunciato il
coinvolgimento degli organi ispettivi del ministero del Lavoro al
fine di adottare misure adeguate contro quello che è stato ritenuto
un atteggiamento "intollerabile". Una condanna netta alla tenuta
della Sielte è giunta anche dalle due parlamentari lucane di
Rifondazione comunista, Anna Maria Palermo e Angela Lombardi. «La
grave decisione di mettere in mobilità i 29 lavoratori da parte della
Ceit hanno dichiarato - e la mancata riassunzione degli stessi da
parte della Sielte - nonostante l'intervento del ministero del
Lavoro, che chiedeva di sospendere la procedura di mobilità e
l'ordine del giorno del Consiglio regionale di Basilicata, che
sollecitava le parti a definire tempi e modalità per il
riassorbimento del personale - ci impone una decisa presa di
posizione a favore dei lavoratori che stanno lottando per la difesa
del loro posto di lavoro».
«Tale scelta continuano - non è in alcun modo giustificabile
considerando che i volumi produttivi assegnati sono rimasti
invariati».
Questo per la senatrice e il deputato sarebbe «l'ennesimo episodio di
mala impresa che registriamo, governata da logiche imprenditoriali
esclusivamente rivolte al facile e immediato profitto, attraverso
l'uso indiscriminato del lavoro precario o, peggio ancora, del lavoro
nero, attraverso l'uso del subappalto». E dalla Palermo e dalla
Lombardi è arrivato un preciso impegno: «Chiediamo al ministero del
Lavoro di intervenire prontamente, affinché, nell'ambito degli
appalti Telecom, siano garantiti i livelli occupazionali e
contrattuali senza ricorrere a forme di lavoro precario o addirittura
al nero. Chiediamo che queste situazioni siano colpite in modo
decisivo, perché le ristrutturazioni aziendali non cadano a danno dei
lavoratori e dei diritti».
Mariateresa Labanca, "Il Quotidiano della Basilicata"
subappaltati
Oltre al danno, la beffa per i 29 lavoratori della Ceit. Dopo il
ricorso alla procedura di mobilità da parte dell'azienda appaltatrice
dei servizi Telecom in Basilicata, e il rifiuto della Sielte, società
subentrata alla Ceit a partire da gennaio di quest'anno, le 29 unità
sono state messe di fronte all'ennesimo colpo basso: la nuova azienda
si sarebbe servita, nell'erogazione dei servizi a livello regionale,
di manodopera subappaltata, proprio mentre rifiutava l'invito da
parte del ministero del Lavoro a reintegrare i dipendenti usciti
dalla Ceit.
Il tutto è emerso nel corso dell'incontro che si è tenuto ieri
mattina in Regione.
Un tavolo tecnico convocato dalle istituzioni regionali per segnare
un passo avanti nella vertenza, e verificare le possibilità di
impiego delle ventinove unità fuoriuscite dalla Ceit. E, invece, la
riunione è terminata con una brusca interruzione.
L'assessore alle Attività produttive, Donato Salvatore, non ha
ritenuto opportuno continuare l'incontro, dopo essere venuto a
conoscenza del ricorso della Sielte sul territorio regionale ad altre
società subappaltanti. Dura la reazione dell'assessore che ha inviato
una lettera alla Telecom e alla dirigenza della Sielte, al ministero
del Lavoro e ai prefetti di Potenza e Matera, per denunciare
l'atteggiamento ambiguo tenuto dall'azienda. Grave anche la presa di
posizione delle sigle sindacali di categoria (Fiom Cgil, Fim Cisl e
Uilm Uil) che hanno annunciato iniziative di lotta a partire dalla
mattinata di oggi: i lavoratori della Ceit saranno riuniti in
presidio davanti ai cancelli della sede potentina della Telecom di
via Nazario Sauro. Chiedono all'azienda appaltatrice di assicurare il
passaggio dei dipendenti, affinché questi possano conservare il loro
posto di lavoro. Ma le tre sigle sindacali hanno anche annunciato il
coinvolgimento degli organi ispettivi del ministero del Lavoro al
fine di adottare misure adeguate contro quello che è stato ritenuto
un atteggiamento "intollerabile". Una condanna netta alla tenuta
della Sielte è giunta anche dalle due parlamentari lucane di
Rifondazione comunista, Anna Maria Palermo e Angela Lombardi. «La
grave decisione di mettere in mobilità i 29 lavoratori da parte della
Ceit hanno dichiarato - e la mancata riassunzione degli stessi da
parte della Sielte - nonostante l'intervento del ministero del
Lavoro, che chiedeva di sospendere la procedura di mobilità e
l'ordine del giorno del Consiglio regionale di Basilicata, che
sollecitava le parti a definire tempi e modalità per il
riassorbimento del personale - ci impone una decisa presa di
posizione a favore dei lavoratori che stanno lottando per la difesa
del loro posto di lavoro».
«Tale scelta continuano - non è in alcun modo giustificabile
considerando che i volumi produttivi assegnati sono rimasti
invariati».
Questo per la senatrice e il deputato sarebbe «l'ennesimo episodio di
mala impresa che registriamo, governata da logiche imprenditoriali
esclusivamente rivolte al facile e immediato profitto, attraverso
l'uso indiscriminato del lavoro precario o, peggio ancora, del lavoro
nero, attraverso l'uso del subappalto». E dalla Palermo e dalla
Lombardi è arrivato un preciso impegno: «Chiediamo al ministero del
Lavoro di intervenire prontamente, affinché, nell'ambito degli
appalti Telecom, siano garantiti i livelli occupazionali e
contrattuali senza ricorrere a forme di lavoro precario o addirittura
al nero. Chiediamo che queste situazioni siano colpite in modo
decisivo, perché le ristrutturazioni aziendali non cadano a danno dei
lavoratori e dei diritti».
Mariateresa Labanca, "Il Quotidiano della Basilicata"
domenica 14 gennaio 2007
No al depotenziamento dell'Ospedale di Venosa

La Rete dei Lavoratori Lucani è contro lo smantellamento della Cardiologia con UTIC ( Unità di Terapia Intensiva Cardiologica) dell’Ospedale di Venosa e del suo trasferimento presso la struttura di Melfi.
Lo stanziamento di 750.456,81 € erogati dalla Giunta Regionale Basilicata per l’operazione di destrutturazione dovrebbe invece servire per il potenziamento delle strutture sanitarie del presidio venosino.
Il "Piano di Rientro" in un ambito come quello sanitario non può essere valutato sulla scia della mera gestione affaristica, tenuto conto che le ragioni del dissesto generale della Sanità Pubblica sono la distastrosa miscela di:
1- fallimentari politiche nazionali portate avanti dai vari governi repubblicani di centrosinistra e centrodestra (basti soltanto pensare come nell’ultima Finanziaria sono stati introdotti nuovi ticket sulla salute: VIETATO AMMALARSI!) orientate alla mortificazione del Pubblico (trasformazione delle USL in ASL, Aziende Sanitarie Locali), depotenziato per favorire il business delle strutture Private (Cliniche);
2- conseguente cambio di paradigma per il quale il "malato" diventa il "cliente", l’ "utente" della struttura aziendale;
3- burocratizzazione della Sanità pubblica con metodologie clientelari e favoritismo politico nelle nomine dirigenziali (con conseguente moltiplicazione del numero delle ASL in regioni anche piccole come la Basilicata), che in ogni parte del Paese hanno favorito l’assunzione nei posti cardine delle strutture sanitarie di personale non qualificato ed altamente manipolabile.
Le lavoratrici ed i lavoratori lucani si oppongono ad ogni forma di smantellamento e depotenziamento della Sanità Regionale, si battono per l’allontanamento delle varie Corti che in questi anni hanno gestito per conto dei Partiti (e non dei malati) la Spesa Sanitaria e chiedono invece una capillarizzazione dell’assistenza sanitaria, un potenziamento degli ambulatori territoriali e della rete delle emergenze, riporando al centro dell’analisi politica non il rendiconto affaristico ma la Salute come Bene non mercificabile.
No al profitto, Sì al diritto alla salute
Rete dei Lavoratori Lucani
info: rllucani@yahoo.it
venerdì 12 gennaio 2007
No al ponte sul lago del Pertusillo

Lago del Pertusillo
Giriamo una ettera aperta di Lucio Delfino, segretario del Circolo PRC Alto Agri, e della Segreteria Provinciale del PRC al presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo (lo stesso che con Bubbico ha regalato il petrolio lucano alle multinazionali Total e Shell accordandosi per 50 cents a barile) in merito alla decisione di costruire un ponte destinato a realizzare un collegamento tra il Centro Cittadino del Comune di Spinoso (1778 anime, censimento 2001) e la SS 598 – Fondo Valle dell’Agri.
«Con questa opera - ha detto De Filippo - si vuole risolvere un serio problema di collegamento dei cittadini di Spinoso, oggi costretti, ma ancora non per molto, a transitare sulla strada che si trova sul muro di contenimento della Diga del Pertusillo, con le immaginabili difficoltà legate alle dimensioni dell’arteria. Una nuova strada di collegamento veloce sarebbe anche un incentivo stimolante per avviare iniziative imprenditoriali legate alla presenza del Lago e allo stesso programma operativo della Val d’Agri». Una giuria composta da sette membri sceglierà la proposta migliore.
No all'ultima trovata del Presidente della Regione Basilicata per fare abboffare i soliti noti e deturpare l'ambiente.
Non serve un Ponte, serve una nuova classe dirigente.
Questa è la mail del Governatore, " vito.defilippo@regione.basilicata.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo ", facciamoci sentire e scriviamo "No al Ponte sul Lago del Pertusillo. Restituiteci la Lucania"
Egr. Presidente della Regione Basilicata,
da qualche tempo, qui nell’Alta Val d’Agri, si è aperto un acceso confronto politico sull’utilizzo dei fondi rivenienti dall’attività di estrazione degli idrocarburi e più in generale sui risultati che la loro utilizzazione ha generato in termini di sviluppo e di reddito diffusi.
Credo che questa delicata vicenda diventerà, a breve, materia di attenta riflessione politica, a partire dal nostro partito, proprio per capire quali percorsi potranno essere intrapresi assieme, qui in Val d’Agri, in schieramenti dove, spesso, si verificano strani corto circuiti fra il pensiero e l’azione, tra le idee programmatiche e la realizzazione sul territorio.
In questa ottica, se permette, vorrei inserire questa nuova e strana idea che circola intorno alla realizzazione di un ponte sull’ìnvaso artificiale del Lago di Pietra del Pertusillo; la stampa ha riportato nei giorni scorsi anche un Suo breve commento che ho trovato superficiale, volendo usare un eufemismo, conoscendo la Sua grande attenzione verso le tematiche ambientali: capirà, che un’opera del genere, con tutte le precauzioni del caso, avrebbe un impatto ambientale sconvolgente su uno dei luoghi più suggestivi della nostra regione.
Un’area S.I.C. (Siti di Importanza Comunitaria) che si appresta a divenire una delle attrazioni più interessanti del futuro Parco Nazionale ( dentro il quale, il Sindaco Solimando di Spinoso ha già chiesto di entrare con tutto il territorio comunale), riceverebbe un colpo durissimo da un’opera non proprio “invisibile”.
Ma l’aspetto che appare inopportuno, oggi, è l’investimento economico, che in barba ad una serie di disagi sociali esistenti, vuol essere perseguito con la realizzazione del ponte. Un’opera che dovrebbe rilanciare lo sviluppo turistico e rilanciare l’imprenditorialità; anche l’autorevole esponente del PDCI Soave, sulla “Nuova Basilicata” di sabato scorso, enfatizzava risultati ed effetti economici che verrebbero innescati.
Non è per il gusto della polemica, caro Presidente, che Le scrivo…la posizione del Partito della Rifondazione Comunista della Val d’Agri è in totale disaccordo sulla base di un ragionamento che, anche a livello nazionale, ha evitato sprechi e scontri demagogici, facendo prevalere il buon senso e la ragionevolezza.
Auspico che quel Bando sulle proposte progettuali possa essere ritirato, dando un segnale forte di una inversione di tendenza ormai necessaria sulla spesa pubblica e l’utilizzo razionale delle roialtyes.
Presidente, non gettiamo i soldi dal ponte!
Ultimo aggiornamento ( giovedì 11 gennaio 2007 )
Nasce la Rete dei Lavoratori Lucani
La Rete dei Lavoratori Lucani (R.L.L.) si propone di unire compagne/i Lucane/i che negli ultimi anni si sono impegnati nella lotta per il lavoro,l'ambiente,i diritti e che oggi non si riconoscono nelle formazioni politiche istituzionali.
La Rete dei Lavoratori Lucani è conscia della necessità di legare ogni rivendicazione operaia e ambientalista all'inevitabile approdo rivoluzionario ed applica il metodo e l'analisi marxista nella prassi quotidiana nei luoghi di lotta.
Rete dei Lavoratori Lucani
per info:
rllucani@yahoo.it
per iscriverti al gruppo:
rllucani@yahoogroups.com
La Rete dei Lavoratori Lucani è conscia della necessità di legare ogni rivendicazione operaia e ambientalista all'inevitabile approdo rivoluzionario ed applica il metodo e l'analisi marxista nella prassi quotidiana nei luoghi di lotta.
Rete dei Lavoratori Lucani
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